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venerdì, Marzo 29, 2024

Il contributo del GIST alla gestione della Riserve Marine

Dal 20 al 22 settembre del 2002 si svolse a Favignana, la maggiore delle isole Egadi, il convegno internazionale "Riserve marine a confronto: esperienze e suggerimenti per una gestione integrata con le potenzialità del territorio". A Gaetano Cafiero – allora componente il Consiglio Direttivo del Gruppo e coordinatore dell’Underwater GIST che tuttora riunisce tutti i soci impegnati in attività subacquee – fu chiesto di intervenire ed egli lo fece svolgendo il tema del "turismo nelle isole minori e tecnica della comunicazione". Quest’anno sono stati  finalmente pubblicati gli atti di quel convegno e riteniamo opportuno pubblicare l’intervento di Cafiero: perché la sua presenza a Favignana fu ufficiale e perché gli argomenti affrontati in quella sede sono sempre di attualità e interessano non solo le isole minori ma molti altri settori del turismo.

«Il tema di questo convegno – "Riserve marine a confronto: esperienze e suggerimenti per una gestione integrata con le potenzialità del territorio" – pone in risalto le singolarità delle isole mediterranee. La loro offerta turistica è rivolta, sì, al grosso pubblico, ma è recepita soprattutto da viaggiatori e visitatori che sono indotti a sceglierle come mèta da motivazioni che sono essenzialmente culturali.

Chi viene nelle Egadi, chi si reca nelle Eolie, nelle Pelagie, a Ustica, a Pantelleria, a Malta, chi predilige certi angoli della Sardegna lo fa con uno spirito, per una ragione molto diversa da quella che spinge le famiglie verso le spiagge più o meno rinomate. Ha stimoli molto diversi da chi sceglie l’Elba chi va all’isola del Giglio, a Giannutri: qui il mare è più tosto, più difficile, la roccia aguzza prevale sulla sabbia morbida, l’entroterra è spesso selvaggio e richiede, per essere esplorato, calzature acconce, da trekking piuttosto che da mare.

Speriamo che sia sempre così: il turismo ecologicamente sostenibile dev’essere necessariamente un turismo di qualità piuttosto che di quantità.

Prima di proseguire, devo ammettere che io guardo al tema proposto attraverso la lente deformante del subacqueo. Ma, d’altra parte, l’offerta turistica di una Riserva, di un’Area Marina Protetta, è senza dubbio particolarmente rivolta a chi, anche se non può dirsi propriamente un sub patentato, almeno ha sufficiente dimestichezza con maschera e pinne: e quindi è in grado di posare lo sguardo interessato e ammirato sui risultati ottenuti grazie alla protezione dell’area: che si vedono soprattutto sott’acqua. Ed è un dato di fatto che quello subacqueo è una "voce" importante nel comparto economico del turismo: al punto che vi sono da tempo tour operator specializzati in viaggi riservati ai sub.

 

Come giornalista che ha tanto viaggiato, che ha fatto anche un’approfondita esperienza nelle relazioni pubbliche, mi sono spesso interrogato: Sa davvero comunicare con efficacia chi si occupa professio­nalmente di cose attinenti a questo turismo elitario? In linea di massima la risposta che mi do è affermativa. Tuttavia, mi pare opportuno spendere qualche parola perché questa efficacia sia, per così dire, ottimizzata: è questo il mio "suggerimento" (per svolgere il tema proposto), il mio modesto contributo a questo dibattito. Non intendo impartire una saccente lezioncina, sia chiaro: ma piuttosto enunciare un succinto manualetto della comunicazione "fai-da-te", tenuto conto del fatto che il più delle volte questa specifica comunicazione è fatta artigianalmente, con tanta buona volontà: perché chi la fa non dispone dei potenti mezzi (economici) impiegati da grandi enti e grandi privati nella loro comunicazione istituzionale.

 

Comunicare, informa qualsiasi vocabolario,  vuol dire "partecipare o trasmettere direttamente o integral­mente pensieri, idee, sentimenti; rendere di pubblica ragione, divul­gare eccetera." Nel campo del turismo "di nicchia" del quale mi sto occupando, questa funzione è assolta certamente dai periodici specializzati, che si rivol­gono a un pubblico preselezionato: i lettori le acquistano, queste riviste, o si abbonano, perché gradiscono esattamente quel prodotto e non un altro. Ma a questo stesso scopo servono anche, naturalmente, i periodici della stampa turistica e generalista, i quotidiani (anche radiotelevisivi) che dedicano una o più pagine al turismo

Ora, qualsiasi comunica­tore il quale voglia ottenere il risultato di far pubblicare il messaggio che lo interessa sul medium che lo interessa passando attraverso il gior­nalista che ha individuato come il piú disponibile, deve comportarsi in un certo modo. Un modo codificato dalle tecniche di comunicazione e che può essere sintetizzato come segue: a) tenere sempre presenti i tempi di lavorazione di un giornale (quotidiano, settimanale, mensile, stampato o radioteletrasmesso); b) tampinare il giornalista identificato come di­sponile; c) tenersi sempre pronti a rispondere a qualsiasi richiesta di chiarimento in qualunque momento: il giornalista ha sempre bisogno di informarsi all’ultimo momento, quando il suo articolo sta per essere pas­sato alla composizione in tipografia, anche se uscirà dopo due mesi; d) avere ben presente che la certezza della pubblicazione di una notizia si ha soltanto quando il giornale è in edicola o in onda: fino all’ultimo istante, persino in un mensile, può accadere che la notizia che interessa al comunicatore sia sostituita da una che il direttore (o addirittura l’edi­tore) ritiene piú interessante; o, piú semplicemente, ha le dimensioni giuste per essere collocata nello spazio assegnato dall’impaginatore: spa­zio che non può mai essere dilatato, neppure di un solo mezzo millime­tro; f) fornire al giornalista un punto di riferimento chiaro e sicuro al quale rivolgersi per qualsiasi necessità.

La regola di Sir Winston S. Churchill ("Se voglio far pubblicare una noti­zia non telefono al direttore, mi rivolgo direttamente all’editore") è tuttora valida ma non è la sola che funzioni. I giornali sono sempre disposti a dar via libera a una notizia – anche "promozionale" (ma non smaccatamente pubblicitaria) – purché abbia un suo contenuto che si ritiene interessi i lettori.

Nel nostro caso non si tratta di far passare sui media messaggi pub­blicitari subliminali: si tratta di comunicare, in senso lato. La subacquea e tutto quanto ad essa attiene ne ha particolarmente bisogno perché si porta addosso le gravose conse­guenze di almeno un paio di difetti d’origine: la caccia e la intrinseca pe­ricolosità. Che non sono peccati ma conseguenza, ancora una volta, di comunicazione sbagliata: per cui l’immagine che il grosso pubblico ha del subacqueo è quella di una specie di Rambo un po’ cretino che, abbigliato come un protagonista di Star Trek, sfida gli abissi del mare per rapinarlo di qualsiasi cosa si muova.

Quando, una quindicina di anni or sono, sottoscrissi una polizza di assicurazione sulla vita, il funzionario della compagnia attirò la mia attenzione su una clausola: i beneficiari non sarebbero stati risarciti della mia morte nel caso fossi deceduto in seguito a un incidente verificatosi "mentre partecipavo a una competizione di pesca subacquea con l’autorespiratore." Feci sommessamente osservare all’assicuratore che le gare di pesca subacquea con l’autorespiratore non sono mai state permesse, che addirittura da venticinque anni anche in Italia – come già da prima in Francia e Spagna – la pesca e persino la raccolta di organismi marini sono interdette a chi indossi un autorespiratore. A meno che non si tratti di un pescatore professionista munito di apposita licenza.

L’assicuratore mi chiese – ironico – che altro mai si facesse sott’acqua con l’autorespiratore. E quando gli ebbi recitato il prontuario completo delle attività subacquee sorrise scettico e mi confermò, verbalmente, quel che era scritto sulla polizza: la mia vedova avrebbe riscosso se io fossi defunto in immersione: a meno che non fossi impegnato in una gara di pesca subacquea con l’autorespiratore. Peccato non fosse precisato: "ad ossigeno":

Sottoscrissi sollevato. E poiché non ho ancora una vedova ho incassato io quei risparmi accumulati sotto forma di assicurazione sulla mia vita.

Noialtri che siamo ‘del giro’ sappiamo perfet­tamente di essere esattamente l’opposto di come ci dipingono. Ma è inutile che ce lo comunichiamo tra di noi; ripeto: lo sappiamo già. Il pro­blema che dobbiamo risolvere è: come farlo sapere al grosso pubblico? A noi ci fa rabbia quando, per esempio, leggiamo su un autorevole quoti­diano: Sub muore di embolia durante una battuta di pesca – Secondo gli inquirenti gli è finito l’ossigeno nelle bombole.

Sono notizie date in maniera scorretta che hanno effetti negativi anche sul turismo subacqueo-ambientalista di cui ci stiamo occupando.

Eppure, se ancor oggi, a cinquant’anni dalla nascita dell’ara, le cose stanno così, riderne o piangerne è parimenti inutile. Bisogna imparare a comunicare e informare cortesemente il giornalista a-gnostico (dal greco: che non sa) come in verità stanno le cose.

Tra i suggerimenti di marketing delle agenzie didattiche subacquee d’oltre oceano ce n’è uno rivolto ai negozi di attrezzature per l’immersione: informare la gente sulla propria attività attraverso la cronaca dei giornali locali. Ottimo suggeri­mento. Valido anche, a mio avviso, per enti e aziende preposti alla promozione turistica: che infatti possono essere equiparati a "negozi" che vendono paesaggi, tradizioni, costumi, in altri termini cultura. Ma, come farlo con qualche probabilità di successo? È ovvia­mente più facile se si conosce personalmente un redattore, magari ap­passionato della materia. Ma un semplice redattore non può mai dare la certezza della pubblicazione: sopra di lui comandano nell’ordine il capo­servizio, il redattore capo, il direttore responsabile; che a sua volta ri­sponde delle notizie pubblicate prima alla legge e quindi all’editore. In ogni caso, sia al giornalista amico sia al giornale impersonalmente, va mandata una notizia pura e semplice, senza fronzoli, aggettivi,  abbelli­menti. Scritta sempre su carta intestata, e, per un quotidiano locale, per esempio, così:  "Comunicato stampa Immersione guidata/sul relitto arabo Trapani, 27 – Dopodomani, domenica il Circolo Subacqueo Cavalluccio Marino organizza un’immersione guidata dall’istruttore Salvatore Lo Bianco sul relitto della nave da carico egiziana Al Ahram, affondata l’anno scorso in venti metri d’acqua davanti all’Approdo di Ulisse, a Favignana. Ai partecipanti è richiesto un brevetto di ‘specialità’ o equipol­lente. Costo dell’immersione, comprensivo di bombola e piombi di za­vorra, è di 25 €. Gli interessati possono prenotarsi telefonando allo 0923-28602." Non è certo ma è probabile che i quotidiani che ricevono queste cinque righe di notizia trovino lo spazio per pubblicarla, sicuri di rendere un servizio ai propri lettori subacquei. Se non tutti i giornali, se nessun giornale pubblica questa notizia, è inutile ‘tormentare’ i giorna­listi per sapere perché non è stata pubblicata; è opportuno, invece, con­tinuare a mandare altre notizie di questo tenore agli stessi giornali ogni volta che il Circolo del Cavalluccio Marino assume un’analoga iniziativa: prima o poi la notizia sarà pubblicata, intanto il Circolo (o l’ente, nel nostro caso specifico) si farà conoscere dalla stampa della sua città come un punto di riferimento per ricevere un determinato tipo di informazioni che sicuramente interessano alcuni lettori. E la stampa locale, non dimentichiamolo, è una delle "fonti di approvvigionamento" della stampa nazionale e internazionale.

Un altro strumento di comunicazione a mezzo stampa sono le no­tizie di conferenze, proiezioni di diapositive, di filmati, di video, con in­gresso libero, che possono trovare collocazione nello spazio che le pagine di cronaca dedicano a mostre, dibattiti, incontri culturali. Ai quotidiani queste notizie vanno mandate via fax, correttamente indirizzate (per esempio: il Giornale Pagina ‘Dove quest’estate, rubrica Cinema, o Corsi, o Iniziative) sempre su carta intestata con chiaramente indicati il nome e il cognome della persona che manda la notizia, il telefono, l’indirizzo. È superfluo concludere ‘con preghiera di pubblicazione’, negativo ‘con viva preghiera’: chi fornisce la notizia al giornale gli dà un servizio, che il giornale, a sua volta, se lo giudica meritevole, gira ai lettori. Ai quotidiani questo genere di in­formazioni devono giungere nella tarda mattinata o, al più tardi, nelle primissime ore del pomeriggio. Per iniziative di enti istituzionali la stessa formula e lo stesso modello vanno bene anche per settimanali e mensili: i primi devono ricevere la notizia almeno due settimane prima della data di uscita, i secondi al­meno due mesi avanti: nei periodici molte rubriche ‘fisse’ sono chiuse con largo anticipo e solo l’attualità è trattata con ritmi da quotidiano.

Nulla vieta che in caso di iniziative di più sicura presa sul pubblico in generale (non soltanto sui subacquei) il promotore mandi un’anticipa­zione più articolata e stimolante, indirizzandola al direttore responsabile pregandolo di mandare un collaboratore del suo giornale a seguire l’e­vento. Di solito il giornale invia un collaboratore saltuario: un redattore retribuito a stipendio vale molto di più di una mezza giornata persa a una conferenza stampa. Anche in questo caso si tengano presenti alcune auree regolette: tutte le pubblicazioni, in Italia, recano per legge in ap­posito spazio (colophon) indirizzo, numero di telefono, nome del diret­tore responsabile, a volte i nomi dei capi-servizio e dei principali redat­tori e collaboratori. Far riferimento all’ultimo numero della pubblica­zione in questione, diffidare dei numeri vecchi: direttori e collaboratori possono cambiare da un giorno all’altro e non c’è niente che mandi più in bestia un giornalista (ma non solo un giornalista) del ricevere una let­tera col proprio nome sbagliato o confuso con quello di un altro, il nome della pubblicazione travisato e così via. Per quattro anni, dalla fondazione al prematuro stato comatoso, sono stato caporedattore del mensile No Limits world, con Antonio Soccol direttore responsabile. Per quattro anni abbiamo ricevuto lettere indirizzate a Off Limits (rivista pornografica) e magari al signor Gaetano Soccol o Antonio Cafiero, o telefonate rivelatrici dell’ignoranza di noi da parte di chi chiamava: da parte nostra la reazione è sempre stata la stessa: lettere diretta­mente nel cestino, senza nemmeno leggerne il contenuto e telefono sbattuto sul muso: se uno non sa a chi si rivolge, figuriamoci se ha idea di che cosa deve comunicargli! Ancora oggi, due anni dopo la definitiva cessazione delle pubblicazioni di No Limits world, grandi e famosi tour operator si servono di uffici stampa – interni o esterni – che ignorano l’evento luttuoso e continuano a inviarmi comunicati per No Limits world. Primo compito di un comunicatore – sia esso un fornitore di servizi oppure un apposito ufficio di un’azienda o di un ente pubblico – è quello di accertarsi quali testate sono effettivamente in circolazione e chi ci lavora.

Ancora qualche regoletta: i comunicati stampa devono sempre essere dattilografati (o stampati con il computer) a doppio spazio; se sono più lunghi di un foglio di carta (una ‘cartella’, in gergo: pari a 30 righe x 60 battute) quel che segue dev’essere scritto su un secondo foglio, mai sul rovescio del primo. Ma questa ‘prolunga’ è ammessa soltanto in rarissimi ed estremi casi: il comunicato stampa perfetto non deve mai superare le 10 righe dattiloscritte. Il tempo di lettura radiofonico è di 1 minuto per 18 righe: e in un minuto alla radio o alla televisione si dà notizia dello scoppio d’una guerra, non d’una sommozzata, sia pure a scopo culturale.

Una notizia dev’essere niente altro che una notizia: ossia la comunica­zione di un fatto di interesse generale o almeno diffuso. Quindi anche se essa si riferisce a un nuovo prodotto, a un’innovazione tecnologica in un bene già sul mercato (che può essere un attrezzo come un corso di specializzazione, un manuale come un libro di avventure, un viaggio come l’inaugurazione di un nuovo centro immersioni) dev’essere redatta (scritta) usando il minor numero possibile di sostantivi, solo gli aggettivi indispensabili e mai alcuna iperbole.

Da anni autorevoli economisti e politologi vanno predicando che viviamo nella civiltà della comunicazione, nel "villaggio globale" preconizzato da Marshal McLuhan; che sapere informare (quindi acquistare visibilità) è alla base del successo nel proprio lavoro. Non è detto che gli operatori della subacquea  e, nel nostro caso, degli operatori turistici per i quali l’attività subacquea ha un peso importante nel loro business – debbano tenere l’acqua in bocca. E poi piangersi addosso perché nessuno si interessa a quel che fanno e i giornalisti confondono l’aria con l’ossigeno.

 

Le cause per le quali un giornalista o un giornale si disinteressano di un personaggio, un ambiente, un fenomeno sono molte. Non provo nemmeno a enumerarle, ma a ridurle in una pillola sì: giornali e giornalisti, anche grazie alle nuove tecnologie (e-mail, sostituzione delle telescriventi con i terminali elettronici) sono letteralmente bombardati quotidianamente da una massa gigantesca e vischiosa di informazioni. Questo stato di cose impone a qualsiasi comunica­tore il quale voglia ottenere il risultato di far pubblicare il messaggio che lo interessa sul medium che lo interessa passando attraverso il gior­nalista che ha individuato come il più disponibile, di comportarsi in un certo modo.

 

L’anno scorso, a giugno del 2001, sono a Ustica inviato dal mensile Tuttoturismo per realizzare un reportage che è stato poi pubblicato sul numero di luglio di quest’anno. C’è anche Rossella Righetti, presidente del GIST, inviata dal mensile Dove. Io a Ustica sono di casa da quarant’anni, ho ricevuto il Premio Tridente d’Oro nel 1982, vent’anni fa, conosco tutti, gioco in casa. La mia collega, giornalista di altissimo livello, no. E se non fosse stato per me avrebbe avuto serie, in qualche caso insormontabili difficoltà a portare a compimento il suo lavoro: è stata infatti completamene abbandonata dal personale dell’AApit presente sull’isola, l’allora direttore della Riserva, il mio carissimo amico dottor Roberto Sequi, tutti esclusivamente concentrati sulla presenza a Ustica dello staff di Linea blu. Se volevamo una barca per realizzare delle fotografie dell’isola dal mare, noi giornalisti della carta stampata, la noleggiassimo da un pescatore, per tre-quattrocentomila lire avrebbero fatto un giro completo dell’isola. D’accordo che un passaggio in TV ha un impatto immediato migliaia di volte più forte d’un bell’articolo su una bella rivista illustrata: ma la televisione è per sua natura volatile, un supporto cartaceo può sfidare i secoli se conservato con cura; e in ogni caso è sempre "pericoloso" trattare un giornalista da figlio e un altro da figliastro. Non si può mai sapere.

 

In definitiva, signori responsabili del turismo ambientalista su queste isole mediterranee meravigliose: occhio ai vostri uffici stampa, se ne avete uno o vi affidate per la comunicazione a una struttura esterna; pensate bene a chi fa comunicazione mirata, indirizzandola verso giornali e giornalisti veramente interessati al vostro prodotto; pensate male di chi fa comunicazione di quantità, irrorando di comunicati stampa sui fondali di Marittimo anche le riviste di sci di fondo e di automobilismo. Se fate da soli, tenete in considerazione le poche "dritte" che mi son permesso di darvi. I risultati si ottengono investendo una somma ragionevole programmata. Non si ottengono con le aste al ribasso. La comunicazione – come qualsiasi altro servizio proprio del terziario avanzato – ha un costo. Se ottiene risultati, è un investimento. Se non li ottiene è un gettare soldi dalla finestra. Se avete stabilito di investire cento, non vi tuffate su chi vi propone lo stesso servizio per settantacinque: non può essere, è una bugia, spendere settantacinque è molto più antieconomico che investire cento.

 

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