13.8 C
Milano
giovedì, Aprile 25, 2024

Viaggio in Cina, Shanxi. Il mio nome è 晋

Testo e foto di Antonio Leggieri

Viaggio nella provincia cinese dello Shanxi, tra tartarughe umane, templi sospesi nel vuoto e Buddha giganteschi. Per scoprire che si può vivere una settimana senza Facebook e che basta seguire le lanterne rosse al tramonto per ripensare alla propria vita (o ad acquistare un’asta per i selfie)

Raggiungere lo Shanxi non è la cosa più immediata del mondo. Dall’Italia ci si impiega più o meno una giornata; 24 ore in cui occorre salire e scendere da buona parte dei mezzi di trasporto inventati dall’uomo, compresi treni dalla silhoutte aguzza che tagliano in due le montagne cinesi e Boeing con l’aspetto di molossi e la grazia di un colibrì. Il tutto per andare da Bologna alla Cina, viaggiando lungo una sottile linea Rossa (è proprio il caso di dirlo) e scoprire che tante cose che ti sei lasciato dietro – il cornetto al bar, la scrollatina compulsiva su Facebook – dall’altra parte del mondo non le ritroverai neanche a piangere. Benvenuti in Cina.

Il cielo è azzurro su Pechino. Pare che accada raramente: di solito in questa città, che in futuro potrebbe diventare una megalopoli da 130 milioni di abitanti con l’annessione del porto di Tianjin e della regione dell’Hebei, lo smog è opprimente. Ma questi sono giorni speciali.

1b72c79f-2133-42ca-95e0-95503cedd68b

Il 3 settembre c’è stata la grande parata militare che ha celebrato il settantesimo anniversario dalla fine della Seconda guerra mondiale. Per l’occasione, nelle settimane precedenti l’evento si è impedito a un paio di milioni di macchine di circolare in prossimità di Piazza Tienanmen e sono state chiuse un numero imprecisato di fabbriche. Gli obiettivi dei fotografi hanno diffuso in tutto il mondo l’immagine di una Capitale gloriosa e splendente.

Sul pulmino che mi conduce dall’aeroporto all’albergo incollo il naso al finestrino, come i bambini, per veder scorrere aldilà del vetro oscurato un mondo che assomiglia al nostro ma è più grande e veloce, costellato di cose mai viste: rotonde giganti usate come parchi per far scorrazzare i cani, famiglie intere a cavallo di motorini nel traffico infernale, palazzi Gremlins che si moltiplicano uguali, gli uni accanto gli altri, dalla sera alla mattina. E poi ci sono gli Hutong. È tra queste stradine con le loro case fatiscenti, i negozietti che vendono ciotole di Noodles e uova di quaglia a pochi Yuan che si respira l’alito povero e più umano di Pechino. Il sole è sempre lì, brilla prepotente sulle nostre teste e fa scintilarre le vetrate dei grandi centri commerciali. Ma non c’è più tempo, questa volta Pechino è solo uno snodo di passaggio. Il giorno successivo si riparte. Destinazione: 

晋, Jin, è l’abbreviazione per dire “Shanxi”, che a sua volta significa “a ovest delle montagne”, ovvero dei monti Taihang. Lo Shanxi è grande la metà dell’Italia, ha la metà della popolazione del nostro Paese e un territorio che ricorda quello italiano, con grandi zone pianeggianti che all’improvviso si inaspriscono e diventano montagne. Grazie ai suoi antichi mercanti questa provincia è stata la culla della finanza cinese e il luogo di nascita dei piaohao, le piccole banche a conduzione familiare che nei secoli scorsi permisero il trasferimento di denaro da un punto all’altro del Paese. I banchieri dello Shanxi godettero per lungo tempo di fama e ricchezza prima di essere eclissati dal sorgere delle grandi istituzioni finanziarie moderne.

PINGYAO, CITTÀ DELLE TARTARUGHE UMANE
Punto di partenza è l’antica città di Pingyao. Queste le parole dell’Unesco che ne spiegano l’inserimento nella lista dei Patrimoni dell’Umanità: “(…) un eccellente esempio di città cinese Han delle dinastie Ming e Qing, che ha mantenuto tutte le sue caratteristiche in modo eccezionale ed in tal modo fornisce un quadro straordinariamente completo dello sviluppo culturale, sociale, economico e religioso, durante uno dei periodi più importanti della storia cinese”. Poche righe che descrivono alla perfezione l’anima di Pingyao, custodita all’interno di uno scrigno di pietra formato da mura alte e robuste, un invincibile scudo che ha difeso la città da guerre e dalle tentazioni della modernità.

7c10deb1-65c1-499c-a9f0-e73ee1fa51e8
E poco importa che le abitazioni dei primi banchieri cinesi sono diventate musei. Fa tutto parte del grande Gioco della storia in cui anche io – nottetempo e con le lanterne accese ai bordi delle stradine di Pingyao – posso fare la mia piccola mossa. Non ci sono strategie. Basta seguire il baluginio delle luci rosse per ritrovarsi nei retrobottega di negozietti colmi di migliaia di oggetti stipati all’inverosimile sugli scaffali polverosi, in empori che vendono grappa di riso e caramelle alla carne di manzo essiccata, prima di perdersi in mezzo a bancarelle  piegate sotto il peso di chincaglieria cinese di ogni tipo: monili, collane, aste per i selfie a 30 Yuan (4 euro!), bracciali di giada e libriccini con il faccione di Mao in copertina, gli unici per cui non si può contrattare, per tutto il resto ci sono le smorfie e le calcolatrici, perché qui l’inglese non è di casa.

Oggi, le anime che abitano Pingyao campano a metà tra il ricordo del passato glorioso e l’incognita del futuro, il bacio tentatore schioccato dai turisti e lo spettro della povertà. Basta un attimo, una deviazione dalle dimore-musei della antica borghesia per ritrovarsi sulle soglie di stamberghe costruite con fango, mattoni e spago. Al loro interno vivono anziani che, mi è stato raccontato, passano i giorni a vagabondare tra le vie della città, osservando con occhi socchiusi i forestieri, prima di sparire come per incanto la sera e rinascere all’alba, pronti per la pratica del Tai Chi Chuan nei giardini pubblici. A guardare i vecchi di Pingyao sembra di vedere delle tartarughe: lenti, pacifici, immutati da migliaia di anni.

f40cbf93-edde-4d18-97ea-fd9c6b8d882e

LANTERNE ROSSE ALLA QUARTA CASA
Bella, bellissima Gong Li. Sembra di vederla mentre si strugge per la sua condizione di concubina in Lanterne rosse, il film di  Zhāng Yìmóu che l’ha resa famosa e trasformato la Qiao’s Family Courtyard in una meta turistica. Nella trasposizione cinematografica del libro di Su Tong, diventata uno dei film cinesi più celebrati all’estero, si vedono solo un paio di cortili di quella che, nella realtà, è stata la grande e lussuosa dimora della ricchissima Famiglia Qiao. La Courtyard, voluta da Qiao Zhiyong, prima orfano, poi servo e infine mercante di successo, rappresenta forse il più lussuoso esempio di residenza privata nella Cina del Nord. Non spaventatevi per il numero di autobus all’esterno: una volta dentro, a parte il cortile principale che compare ripetutamente nel film, scoprirete decine di altri suggestivi corti e vicoli in cui rifuggire la calca e perdersi in questa fascinosa dimora-museo. Le lanterne saranno lì, ad aspettarvi vicino alla Quarta Casa in cui la giovane e bella Songlian viveva da “Signora” prima che la gelosia per le altre concubine e l’insofferenza per la propria condizione la conducessero alla pazzia.

DUE MIRACOLI D’ARCHITETTURA CINESE
Il mio viaggio nello Shanxi passa anche attraverso la visione di due miracoli d’architettura tradizionale cinese. Uno è la Pagoda di legno, nella Contea di Yingxian. Si tratta della più alta e antica pagoda in legno del mondo, visibile a 30 chilometri dalla città. Questo capolavoro inimitato dell’edilizia cinese è stato costruito senza l’utilizzo di un solo chiodo, usando più di 50 tipi diversi di duogong, le tecniche per poggiare ed incastrare fra di loro le assi in legno.

a178c627-d23c-4f3d-823c-8965b91d076c

Il secondo è il Tempio sospeso. Questo monastero, che si trova vicino al Monte Heng, nella Contea dello Hunyuan, è letteralmente appeso alla parete rocciosa di una montagna, a 50 metri dal suolo. Si dice spesso che molte cose che succedono nella nostra vita, siano esse buone o cattive, siano determinate dalla fiducia che riponiamo negli altri. Bene, salire su questo Tempio è un grande, incondizionato atto di fiducia nei confronti di chi, centinaia di anni fa, lo ha costruito. I sottilissimi sostegni che gli permettono di toccare terra sono stati aggiunti in un secondo momento, perché nessuno voleva entrarci. Anche così però, con queste protuberanze simili a zampette di fenicottero che si sollevano da terra quando nel Tempio non c’è nessuno, c’è chi rinuncia a salire. In realtà, il Tempio sospeso è ben ancorato alla rocciagrazie a piloni di legno che si conficcano dentro la montagna.

Il monastero è riuscito a compiere anche un altro miracolo, quello di essere l’unico luogo di culto in Cina a racchiudere tre diverse religioni nello stesso luogo: il Confucianesimo, il Taoismo e il Buddhismo. Questo perché, in passato, in questi luoghi sostavano pellegrini con credo religiosi diversi, che mai sarebbero entrati nel Tempio se all’interno non fosse stato venerato il proprio Dio. È stato così che il Tempio è diventato un luogo di unione sincretistica di tre diverse scuole di pensiero, oltre che una delle attrazioni principe dello Shanxi.

Da mettere in programma, se decidete di partire per questa provincia della Cina, altre due mete must: il Monte Wutai, una delle quattro montagne sacre del Buddhismo cinese, ricchissimo di templi tutti da scoprire e le Grotte di Yungang, uno dei migliori esempi di architettura rupestre cinese. Poteva mancare un selfie con l’altissimo (17 metri) Buddha in pietradella Grotta numero 5? Certo che no.

d4cfa90a-3851-4ff9-9120-e7bc5a800f5d
COSÌ È (SE VI PARE)
“Paese che vai…” Okay, il detto lo conoscete tutti. Prima di partire per la Cina dovete mettere in conto alcune cosette. Innanzitutto: Facebook, Instagram & Company non funzionano. Esistono dei modi per aggirare la censura, ad esempio usare un servizio chiamato Vpn che cripta e reindirizza  il traffico internet. Dopo Islaymi sento comunque in dovere morale di sconsigliare con grande rammarico ai blogger anche la Cina. I cinesi sono molto suscettibili o del tutto indifferenti, a seconda delle situazioni: crisi d’identità e convulsioni in pubblico causate dall’impossibilità di accedere ai social potrebbero non essere gradite o (peggio? Meglio?) passare del tutto inosservate.

Poi: buona parte dei cinesi non parla inglese, anche nelle grandi città, anche negli alberghi, soprattutto in quelli che non appartengono a catene internazionali. Dopo un po’ vi abituerete, ma se avete con voi una guida che mastica la vostra lingua e/o l’inglese sarà tutto molto più facile. Andiamo avanti. I cinesi hanno un concetto di empatia diverso dal nostro. Se il comandante del vostro aereo vi dà il benvenuto con un tono di voce che a voi suona impersonale e piatto, non vuol dire che dovete farvi il segno della croce. Più o meno per la stessa ragione non è il caso di offendersi se qualcuno vi supera lungo la coda o sputa quando ci passate accanto.

Capitolo cibo. La cucina cantonese è solo una delle cucine tradizionali cinesi, quindi se pensate di trovare ovunque l’adorato pollo alle mandorle e i sapidi involtini primavera rimarrete delusi. Nello Shanxi, assaggerete cose altrettanto buone come l’anatra croccante, il maiale al vapore e il pesce gatto. Se siete vegani, sappiate che avrete qualche difficoltà a sopravvivere, ma potrete comunque salvarvi mangiando riso, broccoli, patate e anguria. Ah, nello Shanxi non bevono acqua. O meglio: non usano bere acqua durante i pasti, quantomeno non la servono nei ristoranti. Il consiglio è quindi di portarsi sempre dietro delle bottigliette.

Infine, vorrei consigliarvi un libro che come pochi è in grado di spiegare la Cina a un occidentale. Si intitola Cigni selvatici e narra la storia vera di tre persone, l’autrice (Jung Chang), la madre e la nonna, le cui vite e le cui sorti riflettono un tumultuoso secolo di vita cinese, tra rivoluzioni culturali, tragedie e speranze.

Articolo pubblicato al link: http://www.vanityfair.it/viaggi-traveller/viaggi-mondo/reportage/15/12/08/cina-shanxi-viaggi-oriente

Related Articles

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

Stay Connected

0FansLike
- Advertisement -

Latest Articles