Testo di Mimmo Vita
La spianata del Monte del Precipizio preparata nel 2000 per la visita di Giovanni Paolo II°, sita proprio di fronte alla cittadina dove Maria accolse l’annuncio dell’Angelo, era illuminata da un sole mediterraneo, intenso e caldo come i cuori dei tanti cristiani accorsi in questo anfiteatro naturale per celebrare, con una settimana di anticipo su Roma, la chiusura dell’anno della Fede, il 17 novembre scorso. Un momento toccante quello di Nazareth, importante perché oltre al fatto religioso in sé, moltiplicato dalla circostanza che quella celebrazione eucaristica vedeva presenti tute le massime autorità religiose cattoliche della Terrasanta – dal Monsignor Fouad Twal, Patriarca latino di Gerusalemme, al Nunzio apostolico Mons. Giuseppe Lazzarotto, a Mons. Joseph Jules ZEREY, Arcivescovo titolare di Damiata, Vescovo Ausiliare e Protosincello del Patriarcato di Antiochia dei Greco-Melkiti (Gerusalemme), per citarne alcuni, si è assistito ad una sorta di attenta “partecipazione” all’evento dello Stato israeliano. Tanto che al termine dell’evento religioso, il Patriarca e il Ministro del Turismo Uzi Landau, hanno tenuto, assieme, una conferenza stampa. Peraltro in parte condotta in lingua araba, dato che quei territori sono perlopiù situati in aree prettamente abitate da popolazioni palestinesi. Questo evento ci introduce ad un breve viaggio nella terra di Cristo, li dove il Signore ha condotto la sua vita terrena. Luoghi che il Vangelo riporta e descrive, e che i cristiani ambiscono visitare, convinti che ripercorrere le orme di Cristo significhi anche vivere ancor più completamente la “buona novella”, approfondire ed interiorizzare il suo insegnamento di dedizione e amore verso l’uomo e verso Dio. Effettivamente il pellegrinaggio in Terra Santa è un’esperienza forte. Lo è anche per l’incontro non solo con il Cristo storico e quello divino. Ma anche per la scoperta di un territorio incredibile e di una città unica come Gerusalemme, crogiuolo di culture e religioni, realtà di contraddizioni, lotte e inni di lode. Le vie strette che portano alla Basilica del Santo Sepolcro, in particolare la Via Dolorosa, cioè la via crucis che Cristo percorse vilipeso come un malfattore e dove sono presenti le 14 stazioni dello strazio che Egli subì prima della condanna, crocefissione, morte e deposizione, sono oggi, ora come allora (probabilmente), un mercato continuo di proposte: di prodotti locali e non, e di ogni qualsivoglia bene che possa interessare il turista-pellegrino; abbigliamento e spezie, souvenir e cibo. Nessuna critica, qui vogliamo solamente segnalare la possibilità unica di un incontro di culture/religioni, la ebraica, mussulmana e cristiana. Un incontro che sul piano del quotidiano noi possiamo incrociare durante il pellegrinaggio, condividendo usi, costumi, e soprattutto il cibo locale. Facile per quelle stradine poter trovare ristoro con un bicchiere di succo di melograno, spremuto al momento. E degustare alcune polpettine di ceci o fave, le falafel, per calmare la fame e ristorarsi dalla stanchezza. Cibo di strada, ma cibo di vita, che quasi certamente anche Cristo consumava. L’incontro con le colture, specialmente quella ebraica, avviene in particolare poi al Muro del Pianto, il luogo dove il popolo ebreo si confronta con la propria storia millenaria, con le vicende dolorose descritte nella “Torah”, termine ebraico che significa “insegnamento” e disegna il Pentateuco, i primi cinque libri della Bibbia. E’ un momento importante quello della deposizione del bigliettino tra le storiche pietre rimaste dalla distruzione del tempio occidentale, ricostruito da Erode il grande nel 19 a.C. e distrutto nel 70 d.C. dai romani, il Muro del Pianto appunto. Un foglietto, con i propri propositi e suppliche, che anche Giovanni Paolo II volle inserire negli interstizi dei resti del massimo luogo sacro ebraico. Il completamento di questo incontro con la cultura e società israeliana può avvenire a Tel Aviv, sede dell’aeroporto internazionale, e magari a Giaffa, suo storico antico quartiere, ora dominato da grandi grattacieli; molti dei quali alberghi di qualità per una clientela internazionale presente per affari o per godere della splendida spiaggia, lunga, profonda ed organizzata, sulla quale passeggiano anche famiglie con donne coperte da veli o fanno jogging indisturbati giovani e anziani. Quando si rimonta sull’aereo però l’immagine forte che rimane è quella della Messa sul Monte del Precipizio a Nazareth, per quell’attimo di Dio… che accende la speranza affinché in quella terra, santa per molti, le mani possano stringersi senza sospetti, come ci ha detto nella gioia, quel 17 novembre, un giovane prete di origine palestinese.
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