di Delio Colangelo, ricercatore FEEM, Fondazione Eni Enrico Mattei
Il Parco Nazionale dell’Appennino Lucano, Val d’Agri, Lagonegrese è il parco più giovane d’Italia e, come tale, è da un punto di vista turistico in fase di sviluppo. Con più di 50 mila arrivi e 2,4 notti di permanenza media, il Parco accoglie il 23% dei turisti natura che visitano le aree protette della Regione Basilicata. Si tratta di un turismo soprattutto italiano (94%) e di prossimità che ha il suo picco nella stagione estiva. La scoperta della flora e della fauna locale, la visita a parenti e amici (turismo di ritorno) e le necessità connesse al lavoro rappresentano le principali motivazioni che spingono il turista a recarsi nel Parco Nazionale dell’Appennino Lucano, Val d’Agri, Lagonegrese. Motivazioni secondarie di soggiorno sono: la scoperta del patrimonio culturale, enogastronomico e delle tradizioni del territorio.
Da un’indagine sul campo svolta da FEEM emerge come circa il 20% dei flussi del Parco è riconducibile al turismo di ritorno, un movimento spontaneo di viaggiatori alla ricerca delle proprie origini al quale, allo stato attuale, non corrisponde un’offerta turistica adeguatamente strutturata. Attività progettuali come quella in oggetto hanno l’obiettivo di trasformare questo traffico autonomo di turisti in un segmento di mercato profittevole e, quindi, una risorsa per il territorio.
Tra gli effetti immediati che il “turismo genealogico” può avere sulle dinamiche di sviluppo di una destinazione vi è una maggiore internazionalizzazione dei flussi e la qualificazione della clientela in ottica sostenibile.
Dai dati della Commissione Regionale dei lucani all’estero sono circa centosettanta le associazioni di lucani nel mondo, dislocate in ventuno Stati: dall’Europa, agli Stati Uniti, all’America Latina, che rappresentano bacini turistici ad alto potenziale.
Si tratta di flussi interessati, in modo prioritario, a forme di turismo esperienziale, strettamente connesso, quindi, alla ricerca di un’offerta di qualità e di esperienze uniche, legate alle specificità dei luoghi e della popolazione che qui risiede. Il turismo di ritorno assicura, per questo, una scoperta approfondita della destinazione e dei suoi valori, innescando una fruizione turistica sostenibile, associata, spesso, a soggiorni prolungati.
Investire sul turismo genealogico significa quindi capitalizzare la crescita sociale ed economica del territorio. Una destinazione che punta sul turismo di ritorno concepisce il legame con i suoi conterranei all’estero come uno scambio reciproco e un confronto sempre costante con tutto ciò che è presente, al di là dei suoi confini.
Va inoltre osservato che mete di queste esperienze “ di ritorno” sono per lo più le aree rurali e i piccoli borghi, spesso poco frequentati, che costituiscono la vera ricchezza del Parco Nazionale dell’Appennino Lucano, Val d’Agri, Lagonegrese.
E’ noto, infine, che questo segmento turistico se correttamente gestito può generare investimenti esterni e l’aumento dell’export. Teorici come Gould, Head e Reis hanno infatti riconosciuto l’esistenza di una robusta correlazione tra reti migratorie e flussi commerciali internazionali: in alcuni casi l’aumento del dieci per cento di immigrazione ha dato origine a un incremento dell’ uno per cento delle esportazioni dai paesi di origine, soprattutto nel comparto alimentare e in particolare dei prodotti tipici locali.
Alla luce di quanto illustrato si intuisce quanto questo tipo di progettualità possa essere vantaggiosa nelle dinamiche di sviluppo di un’area come quella del Parco Nazionale dell’Appennino Lucano, Val d’Agri, Lagonegrese che ha vissuto in un recente passato consistenti flussi migratori verso l’estero che, quindi, possono rappresentare oggi un bacino di visitatori dalle grandi potenzialità e innescare una domanda turistica nuova, capace di attivare processi di rivitalizzazione e contenere la spopolamento in essere.