di Gloria Ciabattoni
GUGLIE di roccia ammantate da ciuffi d’alberi, una foresta di pietra che gioca a nascondino con le nuvole. Un panorama surreale ma a molti noto: benvenuti nel mondo di Avatar. Perché la montagna Hallelujah c’è davvero, è quella che ispirò James Cameron ed è qui nel sud-ovest della Cina, nella Provincia di Hunan. Un’ora e mezza di aereo da Shanghai e siamo a Changsha, la capitale della Provincia, 7 milioni di abitanti e una selva di grattaciali. Poi un’ora di auto ed eccoci a Changde, altra ‘piccola’ città di 7 milioni di anime. Da qui il viaggio ci porterà a Zhangjiajie con le sue meravigliose montagne, poi a Fenghuang e con un treno che va a 300 all’ora a Changsha e da qui in aereo a Shanghai. Da Changde ci si inoltra per un paio d’ore d’auto fra colline ricoperte di cipressi, ordinate risaie, coltivazioni di fiori di loto (utilizzati in cucina e in medicina). I villaggi sono moderni anche se la vita scorre con ritmi antichi. Gli slogan qui recitano «Pandora è troppo lontana, Zhangjiajie è più vicina», quindi la strada fatta non è poi così tanta… Eccoci nel Zhangjiajie National Forest Park (biglietto d’ingresso sui 25 euro, valido più giorni e comprensivo di trasporti con le navette all’interno del parco), patrimonio Unesco, una selva di 3mila cime che arrivano anche a 1.500 metri. Su una montagna si arrampica l’ ‘Ascensore dei 100 draghi’ di 326 metri, dicono sia il più alto ascensore esterno del mondo. Porta a camminamenti comodi e sicuri tra una selva infinita di guglie rocciose e alberi immersi nella bruma: i numerosi turisti (quasi tutti cinesi) si affannano a fare i selfie davanti ai pinnacoli che ispirarono Avatar.
Ma c’è anche un altro monte magico da vedere: Tianmen Mountain, dove si arriva a 1.500 metri con mezz’ora di funivia. Anche qui bei camminamenti (un tratto anche di vetro cosicchè si ha la sensazione di essere sospesi nel vuoto) e poi si arriva alla ‘Porta del Cielo’, un enorme ‘buco’ alto 130 metri. Qui si ha davvero la sensazione di essere in una Cina magica e lontana, nonostante le foto e i selfie: un altare con nastrini rossi tipo ex voto, lucchetti più che a Ponte Milvio, una grande campana di bronzo, forse siamo davvero all’ingresso di un altro mondo. La simbologia lo sottolinea: il 9 è un numero magico in Cina e per scendere si può percorrere una scala di 999 gradini (o la si può fare salendo). Poi per arrivare alla pianura invece della funivia si può avere il brivido di scendere da 1.300 metri a 200 con velocissimi pullmini, percorrendo 99. Scendendo si intravede quelolo che sembra un antico villaggio, in realtà è l’enorme palcoscenico del ‘Tianmen Fox Fairy Show’, uno spettacolo musicale bellissimo ispirato a leggenda, quella di un contadino che salva la vita ad una volpe bianca. Questa diventa una splendida ragazza e fra i due nasce l’amore, osteggiato però sia dagli uomini che vedono nella volpe la predatrice, che dalle volpi che hanno negli esere umani i loro nemici. Maledetti dai rispettivi popoli, i due vivranno separati per anni e anni, fino a che la maledizione non svanirà e potranno infine riunirsi, in un tripudio di luci che squarciano la notte e illuminano le alte montagne.
L’AVVENTURA
In barca sul lago e nella grotta
Nel tragitto fra Changde e Zhangjiajie un paio d’ore d’auto) si incontrano due meraviglie della natura da visitare.Una è la Huanglong Cave, nominata nel 2005 la ‘più bella grotta della Cina’. Impressionante lo è davvero: un percorso fra stalattiti e stalagmiti lungo 7,5 km, con sale altissime e la suggestione di un tratto in barca lungo un fiume sotterraneo: ad ogni angolo ci sono rocce illuminate da colori squillanti, l’effetto è un po’ da parco giochi, ma degno di nota. Fuori si può passeggiare in un parco molto curato, fra la ricostruzione di vecchi mulini, antichi mestieri e ordinate bancarelle che vendono souvenir e gustosi croccanti.
Il lago Baofeng è un’altra delle attrazioni naturalistiche dello Zhangjiajie: si incunea fra colline ricoperte da una folta vegetazione che si specchia nell’acqua e si sfuma nella bruma. Da alcune casette escono cantanti in costume che intonano melodie d’amore. L’effetto è quello di essere in un acquerello dolcissimo, mentre a bordo di un’imbarcazione dalla foggia antica si scivola sulle acque tranquille.
A FENGHUANG E A QIANYANG LA VITA SCORRE SECONDO TRADIZIONI CHE SI SONO CONSOLIDATE NEI SECOLI
Nei villaggi dove il tempo sembra essersi fermato
Dalle montagne di Zhangjiajie tre ore e mezza d’auto portano a Fenghuang: la città moderna confina con quella antica. Fenghuang in cinese significa Fenice e al mitico uccello è dedicata la piazza. Un vecchio villaggio perfettamente restaurato e pieno di negozi di souvenir può destare qualche perplessità, ma si cambia subito idea: Le case su palafitte, la cinta muraria della dinastia Qing, i ponti che attraversano il Fiume Tuo Jiang, e i vicoletti conquistano subito.
È un villaggio che attrae i visitatori e si pagano 20 euro d’ingresso, è vero, ma anche molto vivo: basta passare davanti alla scuola quando escono i bambini e si è travolti da un allegro cicaleccio, mentre dalle case sprigiona l’odore di buon cibo. Ci si perde fra i vicoli e si è indietro nel tempo. Sensazione che si acuisce quando si visita la casa che fu dello scrittore Shen Congwen (1902-1988), autore fra l’altro di un romanzo molto popolare, ‘Città di confine’, la storia tragica di una ragazza contesa fra due fratelli. Congwen, come la maggior parte degli abitanti di questo vllaggio, era di etnia Miao, la quinta delle 55 minoranZe in Cina, circa 80 milioni di persone che vivono nel sud-ovest della Cina. Ancora un antico edificio, il Comune (del 1800) ora Museo, e l’incontro con Lei Yutian, artista e curatore dell’ immobile che ha acquistato e restaurato nel 2.000. Un uomo gentile che pare vivere un po’ fuori dal tempo ma che è apprezzatissimo in Cina e i suoi acquerelli che si ispirano alla tradizione hanno un’ottima quotazione anche all’estero. Un po’ il simbolo di come l’antico può convivere con il progresso.
Sulla strada per Changsha, da dove prenderemo l’aereo per Shanghai, un ultimo incontro con il passato, il villagio di Qianyang, una storia di 2000 anni alle spalle e un presente di edifici non certo tenuti benissimo ma pieni di vita vera. Impossibile non sbirciare nelle stanze che si aprono sulle strade per rubare uno spaccato di quotidianità: persone che giocano a mahjong, mamme con i bambini, una coppia che gioca con un cucciolo, il bucato steso per strada, un grande ritratto di Mao. Una vetusta bottega di barbiere ha perfino un cliente, mentre nel vicino negozio di parrucchiera le addette guardano un televisore antico. Anche qui bambini sciamano per strada e i loro telefoni cellulari ci ricordano in che epoca siamo. Godiamoci questi momenti a ritroso nel tempo, fra qualche anno di sicuro ci saranno negozietti, fast food, guide turistiche.
Articolo pubblicato su QN l’8 ottobre 2015