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giovedì, Aprile 25, 2024

NEPAL: TREKKING IN MUSTANG, REGNO PROIBITO E ULTIMO TIBET

Inutile cercare su enciclopedie geografiche e guide turistiche: del Mustang non troverete nulla. Qualcosa, ma poco, potrete trovarla su internet e in guide di recentissima pubblicazione, perché fino al 1992 era un regno feudale himalayano totalmente inaccessibile e di cui non si sapeva praticamente niente, e anche oggi che appartiene formalmente e amministrivamente al Nepal risulta assai arduo raggiungerlo: ci si può arrivare soltanto a piedi con un trekking impegnativo di almeno 5 giorni da Jomsom, ultima città nepalese raggiungibile in aereo o auto, perché non esistono strade, in gruppi con guida locale in completa autonomia per mangiare, dormire e trasporto bagagli, pagando una tassa di 70 dollari al giorno per un massimo di 3.000 permessi all’anno. Difficilmente potrete trovare qualcuno che ci sia stato. Il Mustang costituisce un’appendice nel centro-nord del Nepal, al di sopra della catena himalayana, che si insinua in profondità nell’altopiano tibetano e chiusa a sud dal massiccio dell’Annapurna. In pratica una vallata grande un terzo della Valle d’Aosta, da sempre accessibile solo a piedi con lunghi e faticosi percorsi, tagliata longitudinalmente in due dal fiume Kali Gandaki e circondata da vette mozzafiato alte 7-8.000 m. Un deserto roccioso d’alta quota, brullo e assolato, ad un’altezza media di 3.600 m, abitato da un totale di seimila persone di lingua, cultura, e religione buddista tibetana, privo di elettricità e telefono, ma anche uno stupendo e incontaminato libro di geologia a cielo aperto con incredibili erosioni, canyon, gole e grotte, dominato da una luce penetrante e dai colori psichedelici delle rocce e delle rare costruzioni, mentre in cielo volteggiano aquile e avvoltoi. Le uniche macchie di verde sono costituite da qualche albero e piccoli campi d’orzo attorno ai minuscoli villaggi, costruiti con mattoni di fango ma tinteggiati con colori vivaci, dove si vive miseramente allevando yak, cavalli, pecore e capre e usando il letame come combustibile. Non raggiungibile neppure dal monsone, piove poco e nevica relativamente meno; in estate le giornate sono temperate, vento a parte, ma di notte si sfiora lo zero. Fin dal 1380 ha rappresentato uno dei tanti principati feudali tibetani con il nome di Regno di Lo, chiuso in sé stesso e quasi inaccessibile, anche se nel suo territorio passava una non certo affollata via commerciale di scambio di sale, lana, cereali e spezie tra Tibet e Nepal. Nel 1951 è stato inglobato nel regno nepalese (repubblica dal 2008, dopo la rivolta maoista), ma con ampia autonomia, tanto che l’attuale raja – grande allevatore di cavalli e di mastini tibetani – gode ancora di ampia considerazione. Negli anni 1960-70 la regione era inaccessibile in quanto principale base logistica dei guerriglieri tibetani khampa che si opponevano con le armi all’occupazione cinese della loro nazione. Questo isolamento ha consentito di conservare intatta la cultura tradizionale tibetana, della quale rappresenta l’ultimo baluardo, molto meglio di quanto non si possa riscontrare nel Tibet attuale, distrutto e snaturato dall’invasione cinese. Sparsi un po’ ovunque si incontrano dzong (antiche fortezze), chorten e stupa (reliquari buddisti), muri mani (muretti votivi con preghiere incise) e gompa, monasteri e templi a partire dall’ VIII secolo, quindi tra i più antichi in assoluto, decorati con preziosi affreschi,, thangka (pitture religiose su tela), ruote di preghiera, statue di metallo. La religione prevalente è il buddismo lamaista tibetano di scuola Sakya, introdotto nel 1400, più socievole e aperto e meno metafisico. Il capoluogo, e antica capitale reale, porta il nome di Lo Manthang, un minuscolo paesino medievale di mille anime a 3.780 m racchiuso entro possenti mura con 14 torri e una sola porta (unico esempio di città murata tibetana rimasta intatta in assoluto); all’interno da visitare il palazzo reale, alcuni gompa, la scuola di medicina tibetana, negozi e mercati. In città soltanto il raja può entrare a cavallo. In maggio-giugno vi si svolge un importante festival religioso, immutato da secoli e che richiama fedeli da ogni parte, con suoni, danze costumi e maschere per ricordare l’eterna lotta tra bene e male. Una curiosità: i loba, gli abitanti della regione abituati da sempre a vivere in una realtà fuori dal tempo, hanno sempre due nomi, uno tibetano e l’altro nepalese.

L’operatore milanese "I Viaggi di Maurizio Levi" (tel. 02 34 93 45 28, www.deserti-viaggilevi.it), unico in
Italia con il proprio catalogo "Deserti" ad organizzare viaggi e spedizioni nei deserti di tutto il mondo, ma anche itinerari a valenza culturale, etnografica e naturalistica, propone come novità per buoni camminatori un insolito percorso nel Mustang di 20 giorni, con 11 giorni di trekking e due di visita a Kathmandu e Pokhara. Partenze individuali settimanali con guide di lingua inglese e di gruppo il 3 agosto e 5 ottobre 2010 con voli di linea Lufthansa da Milano via Delhi e Kathmandu, voli interni, pernottamenti in hotel, guest house e tenda con pensione completa, quote da 3.380 euro.

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